FÈS

 

a piedi nella Medina

della più antica tra le città imperiali

 

 

Domenica 30 Luglio 2006

Fes - Km 88.591

Flipper – la caduta

È presto.. sono le sei e mi ritrovo sveglio con gli occhi sbarrati. Sono pronto, oggi è il giorno del grande passo: oggi si va in Marocco. Anche Maryan è un po’ agitata.. ma forse è perché la mia eccitazione per la nuova avventura la sta infastidendo non poco! Finalmente alle 7.30 la sveglia suona, con la mia delicatezza da elefante sveglio Maryan di soprassalto e in un attimo ci ritroviamo a far colazione in ostello, ovviamente con la moto già carica! Ho fretta di partire, così accendiamo la vecchia signora e imbocchiamo la statale, ma tra una rotonda e l’altra.. non andavo veloce, anzi.. ma il sole basso, l’asfalto lucido, e l’olio per strada.. non ce la faccio: mi parte l’avantreno e cominciamo a strisciare sull’asfalto. Danni a noi, nessuno, grazie alle inseparabili protezioni, i miei pantaloni si sono rotti e la moto se la caverà con poco.. ma il mio orgoglio?

 

Maryan – sulla nave

Raggiungiamo il porto. Una nave bianca, non enorme ma certo più grande di quanto immaginassi, ci aspetta ormeggiata in fondo al molo. Ci controllano i biglietti, poi ci invitano ad andare avanti. Fiduciosi del trattamento di favore in genere riservato alle moto in queste circostanze, rimaniamo a motore acceso e con i caschi indossati nonostante il caldo spagnolo delle dieci di mattina inizi già a farsi sentire. Dopo mezz’ora la fiducia è già svanita da tempo. Le auto salgono lentamente e a noi viene riservato uno degli ultimi posti, in realtà il migliore, sul lato della nave, senza troppo casino intorno e.. magari saremo anche tra i primi a scendere! L’importante è che la moto sia saldamente legata, perché in questa vacanza di danni ne abbiamo già fatti abbastanza!

La salita sulla nave è un primo tuffo nell’atmosfera al di là del mare. Gente di ogni tipo popola i divanetti del bar, nel più totale disordine. È tutto un vociare di uomini, donne e bambini. Sguardi assonnati, curiosi, assenti. Visi tanto diversi, e in fondo tanto simili. Colori e suoni del paese che ci attende.

Cerchiamo di capire come funzionano le procedure doganali: un foglio a testa da compilare, e uno per la moto. Li ritiriamo alla reception e con l’aiuto di un signore li compiliamo. Si tratta semplicemente di inserire i dati nostri e della moto, ma le diciture in inglese non sono poi così interpretabili.. per non parlare di quelle in arabo. A questo punto iniziano le file, due diverse, per consegnare prima i moduli personali e timbrare i passaporti, poi il modulo della moto. Non si tratta esattamente di una procedura simpatica.. il rollio della nave comincia a farsi sentire in maniera fastidiosa, e avremmo comunque preferito stare fuori a goderci il panorama, anche se a causa di una strana foschia, delle due coste non si vede che un vago profilo.
 

Maryan – arrivo a Tangeri

Scandiamo dalla nave quasi per ultimi: la nostra moto è a poppa, e la discesa avviene dal portellone a prua. Tangeri ci appare davanti con la sue case bianche arroccate sul monte davanti al mare, con un caldo decisamente non esagerato rispetto alle nostre aspettative, e il classico odore delle città portuali. Con i documenti della moto in mano, ci mettiamo in fila con le macchine per sbrigare le ultime formalità doganali. La polizia ritira i moduli colorati compilati in nave, fa aprire qualche bagagliaio stracolmo di ogni genere di oggetto, da un’occhiata e fa passare. Per noi in moto la perquisizione si risolve con un “avete armi? droga?” ma essendo la nostra prima volta in Marocco è necessario un ulteriore passaggio, con il quale Flipper viene registrato come “guidatore” presso la polizia marittima. Un gentile inserviente lo accompagna in giro per il porto finché non siamo perfettamente in regola con tutti i documenti, poi oltrepassiamo la dogana e.. si, adesso lo possiamo dire.. siamo in Marocco!

 

Flipper – verso Fès

Adesso che abbiamo messo piede in terra marocchina, prima cosa da fare è l’assicurazione RCA, dal momento che il Marocco non è sulla carta verde di praticamente nessuna compagnia italiana. Usciti dalla dogana, con in mano i primi Dirham appena prelevati raggiungiamo il piccolo prefabbricato che ospita l’agenzia di assicurazioni. Stipulo una polizza per 30 giorni che ci costa circa 80 euro, costo identico per auto e moto. Finalmente siamo in regola e possiamo partire. A Tangeri il traffico è caotico ma le indicazioni non mancano e così, lasciando il porto alle nostre spalle, raggiungiamo una grossa piazza: da qui prendiamo a sinistra un violone, poi a destra ed eccoci, sulla strada che ci porta a Fès. La prima tappa è Tétouan, dopo poco più di 50 km. Fa molto caldo e la fame si fa sentire, così troviamo ristoro in un localino su una via che da sulla piazza principale: servono pizze ottime e piatti veloci tipici, così con DH usciamo pienissimi, pronti a rimetterci in viaggio. Continuiamo per Chefchouen, poi prendiamo per Ouazzane e da qui abbandoniamo la N13 e proseguiamo prima per la R400, poi per la R501, due regionali che ci fanno gustare paesaggi montani di cui non pensavamo l’esistenza qui in Marocco: alti colli, poche case, tanto grano e tante pecore: un paesaggio bucolico di prim’ordine. Anche la strada non è messa male, l’asfalto discreto permette ritmi abbastanza buoni, anche se il vento forte ci da qualche problema: il caldo, misto al vento ha un effetto decisamente stancante, che ci costringe a numerose piccole soste anche banali: una foto e una ripresa diventano così l’occasione per riprendere le forze.

Comincia a far buio e Fès si avvicina. Il traffico aumenta notevolmente e cercare l’albergo consigliatoci da Fabio diventa sempre più difficile: ogni persona a cui chiediamo consiglia una nuova soluzione: il loro albergo, o quello del cugino o del fratello è sempre migliore di ciò che stiamo cercando. Finalmente, dopo false indicazioni e richieste di aiuto decisamente insistenti, quando già eravamo sulla strada giusta un ragazzo ci viene in soccorso e ci accompagna all’hotel Dalila: parla con l’albergatore e si accordano per trovarci un posto sicuro dove lasciare la moto. La situazione a questo punto diventa imbarazzante: l’albergatore ci promette un posteggio gratuito e soprattutto sicuro, così il ragazzo che ci accompagna ci fa mettere la moto all'aperto accanto a quattro motorini, poi prende una specie di cavalletto e lo piazza davanti alla moto. Ed è tutto qui, questo è il parcheggio, e la novità è che per di più devo pagarlo io. No.. così proprio non va.. riprendiamo la moto e torniamo in albergo a parlare con il titolare, poi di nuovo al posteggio: siamo Maryan ed io, il ragazzo, il cameriere e il guardiano del parcheggio, che comunichiamo in tre lingue diverse ma alla fine raggiungiamo un accordo: la moto sta qui e va bene lo stesso, ma il parcheggio lo paga l’albergatore.

 

Maryan

L'hotel consigliato da Fabio è un posticino davvero delizioso: le pareti violetto della nostra stanza sono decorate con piastrelle colorate, in stile molto arabeggiante. La camera è grande, e abbiamo un bagno al piano in condivisione con un’altra camera, un po’ fatiscente ma pulito e funzionale. Dalla finestra vediamo una piazza sempre piena di gente, soprattutto di bambini che giocano e corrono e gridano e ridono e.. forse non saremo nella città più sicura del mondo, ma non mi sento affatto in pericolo. Il nostro albergatore ci consiglia di non entrare nella medina di notte: potrebbe essere pericoloso. Noi ci incamminiamo lo stesso lungo la strada principale in direzione della Bab Sidi Bujida, alla ricerca di un posto dove mangiare. Sarà per il buio, che toglie i colori alle cose e altera la percezione delle forme, sarà per le raccomandazioni del signore dell'albergo.. sarà semplicemente per la stanchezza del viaggio, ma dopo qualche centinaio di metri non percepisco più quel senso di sicurezza di cui parlavo prima. Troviamo una specie di panetteria, compriamo dei dolci che diventeranno la nostra cena e torniamo in albergo. Domani ci aspetta una giornata impegnativa.. a passeggio nella medina di Fès.

 

Lunedì 31 Luglio 2006

Maryan – Fès

Svegli di buon’ora facciamo colazione in hotel per 30 DH a testa, in attesa che arrivi il ragazzo di ieri sera che ci aveva promesso di portarci una guida, ovviamente non ufficiale. Si presentano alle 9 entrambi, ma la “guida” ha altro da fare fino a una certa ora, e ci propone un giro in taxi (ovviamente a nostre spese) tutto attorno alla medina, in compagnia del suo amico, o fratello, o chissà. Noi non ne abbiamo alcuna intenzione, né tantomeno vogliamo l’amico/fratello come guida per la medina. Decliniamo educatamente questo invito un po’ troppo insistente, lasciando 10 DH per il disturbo, e ci avventuriamo da soli per la medina. La prima cosa che ci colpisce è certo l’odore che pervade questi vicoli stretti e senza cielo, tutti uguali e tutti diversi: asinelli carichi di ogni sorta di merce ci costringono contro i muri di mille negozietti che popolano questa zona riservata all’artigianato. Passeggiamo curiosi con quel fare da turisti troppe volte da noi stessi non apprezzato negli altri: macchina fotografica al collo, guida Rough tra le mani.. ma in fondo turisti lo siamo, e lasciare solo alla memoria il ricordo di questi angoli e colori sarebbe davvero un peccato. La prima tappa che ci concediamo è un negazioni di pelli: fino ad ora eravamo riusciti a svicolare gli inviti più o meno insistenti da parte dei vari venditori, ma questo pouff sono proprio belli: entriamo. Dopo una estenuante contrattazione usciamo soddisfatti con ben due pouff tra le mani, e 400 DGH in meno nelle tasche. Uno di questi sarà un regalo per il matrimonio di Luca, l’amico di Flipper. Qualche negozietto più avanti mi fermo di nuovo e compro delle polveri colorate per truccare gli occhi, insieme a un paio di boccette in legno per contenerle: il vecchio venditore mi mostra come usarle leccando l’apposito bastoncino. Me ne faccio dare uno non leccato e continuiamo la passeggiata ancora per qualche passo finché ci rendiamo conto di essere ben lontani da dove avremmo voluto. Nel mentre uno dei mille venditori ci si avvicina e in men che non si dica ci ritroviamo con una guida che ci racconta la sua medina. Forse i 90 DH meglio spesi di tutta la giornata. Si chiama Abdullah, avrà 45 anni.. magro, con gli occhi tristi e sinceri. Dice di essere berbero e con il sui italiano stentato ci fa strada tra vicoli bui regalandoci angoli di vita che di certo avremmo perso se fossimo stati soli.

Prima tappa le concerie. Non quelle famose descritte sulle guide turistiche.. concerie più piccole e modeste, ma lontane da scocciatori intenzionati solo a vendere a caro prezzo i propri prodotti. Le vasche ripiene di acqua colorata accolgono pelli di pecora e dromedario, mentre sul tetto sono lasciate ad asciugare quelle tinte con il giallo dello zafferano. Ci mostrano un grande cilindro in legno, spiegandoci che si tratta di una rudimentale “lavatrice” per le pelli. Per il resto tutto il lavoro è esclusivamente manuale.. c'è gente che intinge le pelli nelle tinozze del colore, con i piedi costantemente a bagno in quell'acqua dall'aspetto decisamente poco invitante, c'è chi stende con le mani acqua e zafferano, chi con attrezzi rudimentali “ammorbidisce” le pelli. Il terribile odore di cui tutti ci avevano parlato riferendosi alle concerie, inspiegabilmente qui non si sente.

Comunicare con la nostra guida non è proprio semplice. Non tanto in termini di comprensione della lingua.. essenzialmente credo che lui capisca ma poi faccia comunque ciò che vuole. Ma in fondo è questo il bello di affidarci a lui.. ci sta mostrando una città un po' diversa dal classico giro turistico, attraverso stradine buie e sporche cogliamo la realtà di Fès. Ci ritroviamo nel laboratorio di un artigiano tessitore: produce delle tovaglie, utilizzando delle striscioline di legno per creare le decorazioni.. e muove le mani sul telaio facendo girare il filo con movimenti rapidi e precisi.

Raggiungiamo poi il conservatorio Dar Adyel, una antica scuola di musica splendidamente decorata con stucchi bianchissimi e legno di cedro intarsiato. Dalla terrazza si gode del panorama della città.. tutta la medina è davanti ai nostri occhi, con il suo aggrovigliarsi di strade e stradine.

Usciti, passiamo accanto ad una moschea.. qui come in tutto il Marocco l'accesso non è consentito ai non musulmani, quindi ci accontentiamo da guardare da fuori questo edificio senza infamia ne lode, e il suo minareto. Proseguendo nel nostro giro, la guida ci accompagna presso un negozio di tappeti: una cooperativa, a quanto ci raccontano. Entriamo in un'enorme stanza completamente ricoperta da tappeti: per terra, sulle pareti, accatastati in ogni angolo. Osserviamo le ragazze sedute al telaio, cercando di cogliere i rapidi movimenti delle loro mani. Una di loro mi sorride e mi invita a sedermi al suo fianco. Mi mostra lentamente quel movimento di dita che ripete forse cento volte al minuto per tutta la sua giornata lavorativa.. ma proprio mi viene difficile seguirlo e ripeterlo a mia volta. Mi rendo conto però, per la prima volta, che il tessuto dei tappeti è effettivamente costituito da tanti piccoli nodi: dopo ognuno, il filo viene tagliato prima di passare al nodo successivo. Il numero di nodi per metro quadro determina la qualità del tappeto stesso: ovviamente più nodi, più lavoro, e maggior valore. In questo negozio non vige la regola della contrattazione: numero di nodi e dimensione del tappeto determinano il prezzo. Corretto, non c'è che dire. Flipper decide che da questo viaggio tornerà a casa con un tappeto. Ci sediamo con il venditore, che in italiano ci elenca le qualità dei suoi prodotti sorseggiando un the alla menta. Scegliere non è poi così semplice e avere davanti decine di possibilità ci confonde decisamente le idee. Decidiamo di prenderlo azzurro, perché è il colore di Fès.. e dopo una buona mezz'ora di indecisione.. eccolo, è lui. Ci verrà spedito direttamente a casa, e per assicurarci che quello che riceveremo sarà quello che abbiamo scelto, ci chiedono addirittura di firmarlo sul retro.

La tappa successiva è un negozio di abbigliamento berbero: la nostra guida poco ufficiale ha deciso di portarci in questa bottega dalle pareti completamente ricoperte di tuniche e tessuti di ogni sorta. Ci facciamo convincere a vestirci con gli abiti berberi.. Flipper con una tunica blu e il classico turbante che lascia liberi solo gli occhi, io con un meraviglioso abito nero e decori dorati, splendido ma sicuramente costosissimo. Proviamo a chiedere quanto costerebbe il turbante, ma il prezzo folle che ci viene proposto ci spinge rapidamente fuori dal negozio, mentre ribadiamo alla guida che non è nostra intenzione fare acquisti nei negozi dei suoi amici.

Probabilmente non ha ben capito il concetto, dal momento che ci accompagna ora in un altro negozietto. Si tratta di una sorta di farmacia, nella quale ci accoglie un ragazzino in camice bianco, che ci parla delle proprietà delle varie sostanze che riempiono gli scaffali del suo negozio. È interessante starlo ad ascoltare, ma anche questa volta riusciamo a non farci coinvolgere nell'acquisto.

È quasi l'ora di pranzo, così salutiamo la nostra guida e cerchiamo un posticino per pranzare. Poco fuori dalla porta principale della città, Bab Ftouh, troviamo un ristorantino molto alla mano, e facciamo conoscenza con il piatto tipico marocchino, la tajine, a base di carne e verdure bollite. In realtà, per tajine si intende il contenitore dove viene preparato il cibo, un recipiente di ceramica con un particolare coperchio conico.

Finito di mangiare rientriamo nella medina, alla ricerca della Madrasa Bou Inania, una sorta di collegio per gli studenti del Corano. Si tratta del più famoso monumento di Fès, costruito in legno di cerdo e ornato da meravigliosi stucchi bianchi. Non ci è concesso l'accesso alle stanze degli studenti, quindi ci accontentiamo di guardarci un po' attorno nel cortile centrale, mentre alcune persone si lavano nella fontana centrale, probabilmente in vista della preghiera. Infatti poco dopo poi siamo invitati ad uscire e lasciare spazio ai fedeli. Ci mettiamo quindi alla ricerca dell'orologio idraulico. Dovrebbe essere praticamente di fronte alla madrasa ma non avendo idea di come possa essere fatto e dove esattamente sia collocto, ci viene difficile individuarlo. Dopo aver passeggiato su e giù per la strada, alzando lo sguardo ci accorgiamo di questa strana struttura in legno, sulla facciata di un edificio. Tredici piccole finestrelle, e poco altro: sembra che nessuno abbia mai capito come funzionasse.

Il sole sta quasi tramontando, così ci dirigiamo verso il nostro albergo. Cena, quattro chiacchiere con il proprietario, e poi a nanna.

 

continua..

 

Album Fotografico

 

FES

 

Pension Hotel Dalila

Bab Oued Zhoun n.26

Medina di Fès

035740657

moroc90@hotmail.com