DESERTO..

 

in moto, in 4x4..

e anche sul dromedario!

 

 

Martedì 1 Agosto 2006

verso il deserto - Km 89.063

Flipper

Oggi è il grande giorno: la meta principale è il deserto, l’Erg Chebbi, costituito da sabbia del Sahara che a causa del vento si depositò qui, creando un piccolo deserto di dune bellissime. Sono emozionato, ho voglia di arrivare.. la strada però è lunga e ci sono molti luoghi da vedere. Partiti di buon’ora da Fès ci dirigiamo verso sud per la N8 fino all’indicazione per El-Hajeb. A questo incrocio svoltiamo prendendo una piccola strada che presto diviene sterrata (GPS N:33,73155 W: 5,31586): ci tocca rallentare il ritmo di marcia, e intanto il caldo si fa sempre più sentire..

Giunti a El-Hajeb prendiamo per Azrou. Il paesaggio decisamente montano è stupendo: boschi di cedri e poi un altopiano vulcanico con panorami stupefacenti. Da una terrazza panoramica si può ammirare la valle di Tigrigra, ovvero il cosiddetto “paysage d’Ito”, in onore di una donna berbera, un vero è proprio guerriero che ha condotto battaglie contro le tribù vicine e contro i francesi all’inizio del protettorato. Raggiunta la città di Azrou prendiamo per Midelt mentre la montagna cede il posto alla pianura. Il paesaggio comincia a essere desertico, la terra è di un rosso acceso e con la scusa del prender fiato ci lanciamo in una sequenza di foto e video come due perfetti turisti made in Japan. Abbandonando Midelt la strada comincia a salire e ci troviamo dentro al paesaggio di Ito: un altopiano desertico, una strada dritta che lo taglia in mezzo, traffico praticamente inesistente, e noi in mezzo a combattere con un vento fortissimo: l’Africa Twin sembra una bandiera e viaggiamo tutti inclinati, il vento caldissimo si infila negli indumenti e sotto la visiera del casco, tanto da far fatica a respirare. Dobbiamo fermarci per tuffarci completamente in questo spettacolo. Scendiamo dalla moto e ascoltiamo il silenzio. Guardiamo negli occhi un’anziana berbera che si incammina verso Rich, sola su questa lunga lingua di asfalto, in mezzo al nulla. Mi sento fortunato.

Dopo questa sosta insolita risaliamo in moto, e ricomincia il viaggio. Attraversiamo le Gorges du Ziz con il vento che continua a infastidirci: tempo di fare due foto per ricordare tanta bellezza e via, tutta d’un fiato verso Erfoud.

Sulla strada incontriamo un ragazzo in moto.. riconosciamo la sua targa di Genova e ci salutiamo con la mano come si fa tra motociclisti. È una sensazione strana trovare un italiano così lontano da casa. Pur non avendolo mai visto prima, è quasi come fosse già un amico.

Ormai prossimi a Erfoud, i paesaggi si fanno spettacolari: solo le fotografie possono minimamente rendere l’idea. Giunti in città ci fermiamo per una coca cola ristoratrice e per prendere informazioni. Noi vorremmo andare a Merzouga senza passare per Rissani ma percorrendo una pista di cui ho scaricato i WayPoints da internet. Un locale me la sconsiglia e subito pronto mi allunga il biglietto da visita dell’albergo di un parente che offre tour in 4x4, cammellate e chissà che altro, come nelle migliori agenzie turistiche. Non ci fidiamo, attiviamo il GPS e proviamo ad andare.. mal che vada torneremo indietro. Troviamo subito a metà paese la traversa che porta alla pista. La strada ben asfaltata prosegue per circa 15 km e le piccole lingue di sabbia che ogni tanto invadono la strada rallentano solo di poco la nostra marcia.

Tutto prosegue a gonfie vele.. mi faccio superare da due fuoristrada, così da poterli eventualmente seguire se dovessimo perderci, poi comincia lo sterrato. Inizialmente il fondo è duro e non da alcun problema, poi un piccolo pezzo di antico pavè, e da qui la pista diventa decisamente più difficile. Non appena ci fermiamo per prendere fiato, un Land Rover Defender ci affianca e il guidatore ci avverte: la strada è difficile, attenzione, da ora in poi è impossibile andare avanti così carichi! Credergli o no? Alla fine, testardo come un mulo e accompagnato da una donna di origine sarda, non posso che scegliere di proseguire. Due, forse tre chilometri più avanti la pista peggiora ancora, mi insabbio e la scelta volge sul far poggiare delicatamente la moto sulla sabbia. Ora però ci tocca tirarla su! Il Defender torna indietro e Idir, il guidatore di prima, mi dà una mano e mi spiega per bene la strada, con parole semplici e senza proporre strani tour. Mi offre la possibilità di portarci a Merzouga su un’altra pista: io dovrei seguirlo in moto e Maryan salirebbe con i bagagli sul suo fuoristrada. Ma io e Maryan ci eravamo ripromessi di provare questa pista insieme.. o così o niente, e non voglio che Maryan salga da sola sul fuoristrada. Anche lei è d’accordo.. da questo momento cambiano le carte in gioco.

 

Maryan – notte alla Kasbah

Idir è un ragazzone berbero dagli occhi sinceri. Una tunica chiara, al collo la sciarpa blu. Ma inizialmente non riesco a dargli tanta fiducia. Lo prendo per il classico approfittatore che si prodiga per aiutarci, ma solo per il suo tornaconto. E i 450 DH che ci chiede per guidarci a Merzouga sarebbero un gran bel tornaconto! Parliamo almeno una mezz’ora poi decidiamo di fidarci. Ci propone una sistemazione in un albergo lì vicino, momentaneamente chiuso al pubblico dal momento che la stagione turistica nel deserto non è certo agosto, ma se ci accontentiamo di farci da mangiare da soli e non avere luce dopo le 10 di sera, visto che conosce il custode.. si può fare. Non aspettavamo altro, e così accendiamo la moto e lo seguiamo. Idir non segue la pista ma va a zig-zag e noi dietro. La guida così è decisamente più semplice.. aggiriamo gli ostacoli e metro dopo metro, in poco tempo raggiungiamo questa bellissima kasbah.

Ci sistemiamo in una stanza splendida.. in realtà una vera e propria suite con camera da letto, salottino e bagno. Mentre io e Flipper ci occupiamo di aggiornare il diario di viaggio, Idir e il suo amico custode ci preparano da mangiare una deliziosa tajine e tanto altro ben di dio. Parliamo un po' con idir e organizziamo il giro di domani: per un prezzo decisamente abbordabile ci porterà in giro per il deserto con il suo fuoristrada, poi prenderemo i dromedari e passeremo una notte nel deserto.

Ad una certa ora i ragazzi ci salutano e ci lasciano soli nell'albergo. Meraviglioso.

Siamo nel bel mezzo del nulla.

Fuori il buio più totale, e nel silenzio assoluto le stelle brillano come mai le avevo viste.

 

Mercoledì 2 Agosto 2006

Flipper – nel deserto

Sono le sette e non sto nella pelle: oggi finalmente andiamo nel deserto! Ci aspetta la colazione preparata dal nostro amico custode dell’albergo che gioca a fare il capo, il guardiano, il giardiniere, il cuoco e il cameriere. Alle 8.30 si parte, il motore della Land suona nel silenzio dell’Erg. Idir ci spiega per l’ennesima volta il programma: cominciamo dirigendoci a nord delle dune, in una zona rocciosa conosciuta per i fossili. Passeggiamo in una distesa di sassi, Idir tiene in mano una tanica d’acqua, guarda in terra, sceglie una pietra e la bagna con l’acqua.. e dalla pietra prende vita il fossile, con tutti i suoi colori. Io e Maryan ci lanciamo alla ricerca.. un gioco simpatico, che se riesce ci farà tornare a Milano un po' più pesanti di prima! Fatta “razzia” di fossili, o quasi, ripartiamo e proseguiamo verso sud lasciandoci il deserto di dune a ovest. Attraversiamo un villaggio berbero e poi dopo qualche chilometro ci fermiamo in una piccola casa di fango. In questo angolo di terra secca tre generazioni di donne: la giovane prepara il pane in un piccolo forno, la mamma ci serve del the preparato con le erbe del deserto mentre la nonna seduta sotto una tenda tesse qualcosa con un telaio rudimentale. Inizialmente non capisco, poi Idir mi spiega che la signora sta preparando uno dei teli per la tenda berbera: vengono tessute delle lunghe strisce che poi si uniscono l’una accanto all’altra per estendere le dimensioni della tenda. Per ogni striscia servono almeno due mesi di lavoro.

Oltre al the, la signora ci offre anche il pane caldo che la figlia ha appena cotto nel forno, con un piattino d’olio di oliva in cui intingerlo: un pensiero semplice che per noi è valso un pranzo. Il caldo è sempre più forte, il giro deve proseguire e così ci dirigiamo verso Khamlia, il paese della musica. In questo villaggio di poche case, ora raggiungibile anche da Rissani con una strada asfaltata, vivono berberi dalla pelle nera discendenti dagli schiavi originari dell’Africa centrale. Sono un gruppo di musicisti che in una piccola casa intrattengono i curiosi come noi con i loro suoni e ritmi. Allah è l’unica parola che riusciamo a individuare in questi canti che sembra abbiano lo scopo di avvicinarli a dio. Un’esperienza unica.. non nascondo la mia curiosità. Lascio la telecamera accesa e mi lascio prendere dalla loro musica e dai loro balli semplici ma coinvolgenti. Maryan come al solito osserva a bocca aperta, con la sua classica espressione da bimba stupita. Ogni tanto mi guarda, con gli occhi felici. Passiamo quasi un’ora estasiati e alla fine non possiamo fare a meno di acquistare il loro CD, che sarà la colonna sonora del nostro viaggio. Aspettiamo la fine dello spettacolo per uscire dalla casa della musica e riprendere il nostro giro nel deserto.

 

 

Idir ci accompagna a Merzouga, dove ci tiene a mostrarci i danni che l’ultima stagione delle piogge ha apportato a questo piccolo paese al confine con le dune. A giugno infatti numerosi nubifragi hanno distrutto buona parte delle case e degli alberghi, l’acqua è arrivata addirittura sulle dune!

Con un po’ di amaro in bocca raggiungiamo Mustafa, amico di Idir e proprietario di un magazzino berbero. Ci fermiamo da lui per riposarci e difenderci dal grande caldo.. adesso siamo a più di 45 gradi all’ombra. Entriamo un po’ scettici, convinti del fatto che ci verrà immediatamente propinato qualche strano affare, invece no.. ci sdraiamo sui tappeti che ricoprono interamente il pavimento, mentre i ventilatori che traballano sul soffitto fanno il loro dovere, ed è un piacere rilassarci qui, mangiucchiando un melone offerto dal nostro ospite. Dopo un’oretta di sano riposo e senza alcun tentativo di vendita, io e Maryan cominciamo a girovagare nel magazzino stracolmo di oggetti: tappeti, pouff, argenteria, preziosi, aromi e attrezzi vari. Il nostro nuovo amico ci spiega che non tutto è in vendita, anzi, molte cose sono qui in deposito, lasciate da nomadi che non potevano portarle con sé durante gli ultimi spostamenti. Mezz’ora dopo inizia la trattativa, ed ecco il risultato: due pouff in pelle, l’uno con inserti blu, l’altro rossi, una chaiche (turbante berbero) di 5 metri e una pipa berbera per noi, una maglietta Ray-Ban by Luxottica, una torcia, le mie scarpe A.E. e 250DH per lui, oltre a un sacchetto di farmaci da regalare al piccolo centro sanitario del paese.

La nostra visita da Moustafa dura più di tre ore. Un rapporto unico, speciale: mi sono sentito a casa, e soprattutto, grazie a queste persone che sanno guardare le cose in maniera semplice e concreta, ho capito un po’ di più del loro stile di vita, e di come siano capaci più di noi di dare peso al valore reale delle cose piuttosto che a quello economico.

È ora di allontanarci anche da qui, Idir ci porta verso ovest seguendo una piccola pista di forse 3-4 km ed ecco che davanti a noi, dal nulla, si apre una vista stupenda: un lago immenso. Sembra strano, incredibile.. siamo davvero nel deserto.. ma il lago c’è, l’acqua è lì davanti a noi, e Maryan non può evitare di avvicinarsi e toccarla. In realtà non si tratta proprio di un lago, dal momento che non è alimentato né da un fiume, né da una sorgente, ma non è altro che una enorme pozzanghera formatasi a seguito delle ingenti piogge della primavera. Poco lontano da noi un gruppo di fenicotteri non sembra per nulla disturbato dalla nostra presenza. Dopo le foto di rito risaliamo sul Defender e ci dirigiamo a nord, verso un hotel fuori da Merzouga dove l’Erg Chebbi si presenta con le sue dune più maestose. Da qui partiremo con i dromedari per passare una notte nel deserto, ma prima di raggiungere l’hotel ci fermiamo per qualche foto alla carlinga dell'aereo usato durante le riprese del film "Il Piccolo Principe". Giungiamo all’hotel, l’emozione sale, il the servito da Idir ha un gusto speciale. Sarà per la magia di un rito sempre uguale ma decisamente affascinante: prende la teiera e comincia a versare allontanandola lentamente dal piccolo bicchiere di vetro. Una volta riempito, riversa il contenuto nella teiera e ripete il tutto per tre o quattro volte, al fine di miscelare il the e far sciogliere bene tutto lo zucchero. Qui il the ha un sapore diverso: da energia e toglie la sete, come un vero e proprio integratore dal gusto antico. Mentre sorseggiamo il the, il vento si alza e in un attimo ci troviamo in mezzo a una fitta nebbia di sabbia che ci costringe a rifugiarci all’interno dell’albergo. Sono preoccupato.. mi sa che la nostra gita finirà prima ancora di cominciare.. ma Idir ha un'espressione tranquilla, secondo lui presto la tempesta di sabbia finirà. Passata infatti una mezz'ora il vento si placa e siamo pronti a salire sui dromedari. (GPS N:31,21076 W:4,02245)
 

Maryan – nel deserto

Scelgo il dromedario bianco, e in un attimo mi ritrovo seduta a due metri da terra, sobbalzando ad ogni passo. Il mio dromedario è il primo della fila, il che mi da la sicurezza di avere il cammelliere a tenere le redini, e la fortuna di una completa visuale dritto avanti a me. Se non mi volto a guardare il resto della carovana alle mie spalle, è come essere lì da sola, a passeggiare tra le dune. Presto mi rendo conto che ovunque possa poggiare lo sguardo attorno a me, vedo sabbia. Strana sensazione: si perdono i punti di riferimento.

Il cielo ancora nuvoloso nasconde il sole all'orizzonte, impedendoci di godere dello spettacolo del tramonto sulle dune. Raggiungiamo l'accampamento ( GPS N:31,17851 W:4,00484) che è già buio.. ci aspetta una cena a base di tajine, consumata alla luce delle lampade in compagnia di un gruppo di ragazzi francesi e di Ito, che è arrivato fin qui dal Giappone in solitaria. Idir ci ha riservato un trattamento preferenziale: dormiremo in una piccola tenda berbera.. tutta per noi.

Poi solo buio e silenzio. E una stella cadente.

 

Giovedì 3 Agosto 2006

Flipper

L’emozione di aver dormito in una tenda berbera è grandissima, ma sono le 5.00 e presto il sole si alzerà! Non vedo l’ora, presto! Maryan ed io ci guardiamo in faccia ed in un istante ci infiliamo le scarpe, per quel poco che possono servire, e ci lanciamo in un’arrampicata estenuante sulla duna proprio davanti alla nostra tenda.. sappiamo che dobbiamo fare in fretta, macchina fotografica e telecamera al seguito, saliamo cercando di guadagnare la “vetta”.. Sembrava piccola, quella duna, ma ora che siamo a tre quarti dalla cima ci rendiamo conto della sua altezza.. ci sediamo e ci godiamo una stupenda alba. La luce qui è.. viva! I miei occhi godono di ciò.. nella bassa milanese difficilmente potrò rivedere tanta luce bianca e nello stesso tempo calda. Fra poco dobbiamo rimetterci in sella dei dromedari per rientrare in albergo.. scendere questa duna è una passeggiata specie se si usa il fondo schiena come una slitta. Colazione molto valida un po’ di fretta e via che saliamo sui nostri dromedari..

Siamo ormai vicini all’hotel, guardo verso un Defender bianco.. no non è Idir, poi guardo meglio.. poco più in là all’ombra di un albero, se così si può dire, c’è il fuoristrada del mio amico, ovvio mi sono detto, lui non ama la confusione preferisce mettersi un poco in disparte, è strano qui.. bastano due giorni per creare un legame forte con queste persone!

Saliamo in auto e ci mettiamo in movimento.. Idir ci vuol presentare la sua famiglia e ci accompagna nella sua tenda. Un the alla menta e due chiacchiere, senza dimenticare le foto di rito e la promessa di riservare a lui qualche pagina del mio sito. Sono ormai le 11,00 ed è giunto il momento di rimetterci in viaggio. Idir ci accompagna alla moto, rimasta all’albergo del suo amico, carichiamo i bagagli e ci promettiamo di non perderci di vista.

 

continua..

 

Album Fotografico

 

Kasbah Hotel Said

a 19 km da Erfoud

GPS N:31,31558

     W:4,10355